Italian Review of Granita

This review by Luca Casarotti was published on All About Jazz Italia, 2012

Si può ragionare di improvvisazione in modo niente affatto dissimile da quello in cui si ragiona di composizione. Non esiste e non deve esistere una verità assoluta, un unico modus operandi, un dogma da seguire alla lettera. Così vi è chi approccia all’improvvisazione come ad una composizione estemporanea, che a questa deve assomigliare per forma e coerenza, come vi è chi improvvisa proprio per distanziarsi il più possibile da qualsiasi canone compositivo, concependo il gesto esecutivo come ispirazione momentanea, da proporre e subito abbandonare.

Il discorso s’incentra sull’improvvisazione per via della materia di cui è costituito questo Granita, quarto disco per Leo records del trio Lapslap, un gruppo di musicisti stanziati ad Edimburgo, la cui ricerca è focalizzata sull’integrazione di acustica ed elettronica nell’improvvisazione libera. Tutti e tre i componenti curano entrambi gli aspetti, suonando sia uno strumento reale che un sintetizzatore o uno strumento virtuale, così che la musica spazia da momenti completamente acustici a quadri interamente elettronici, con tutte le possibili combinazioni intermedie.
Tra le due polarità dell’improvvisazione accennate sopra, esso sembra avvicinarsi maggiormente alla seconda: circostanza piuttosto rischiosa, se si tien conto del fatto che il lavoro si compone di un unico brano della durata di circa un’ora, suddiviso in cinque tracce solo in fase di postproduzione, ma, di fatto, senza soluzione di continuità.

In Granita si alternano episodi di natura eterogenea: ve ne sono alcuni caratterizzati da grande coerenza interna e da un lirismo disincantato, come quello che chiude “Breeze”; ve ne sono altri -la maggioranza- in cui l’andamento è più caotico e l’intento rumoristico marcato.
Si può quasi dire che le sperimentazioni timbriche del trio costituiscano il cuore di tutta la lunga improvvisazione: Edwards, Parker e Schistek mostrano di apprezzare particolarmente suoni che i programmatori sogliono definire “granulari,” ovvero prolungati e graffianti. È frequente l’uso di clusters e del pianoforte preparato da parte di Schistek, mentre sono più rari gli interventi degli altri strumenti acustici del gruppo: i sassofoni di Edwards, il corno francese ed il flicorno di Parker.
Ciò che risulta più carente è però un momento in cui la musica si stabilizzi su un metronomo definito: un tempo fluttuante, protratto per oltre un’ora, può risultare poco efficace.

Sarebbe interessante (e non è da escludere che qualcuno ci abbia già pensato) testare l’impatto della musica di Lapslap -già valido su disco- in situazioni multimediali, magari in cooperazione con videoartisti che si occupino di creazione momentanea: pare essere quella delle installazioni e di certe sonorizzazioni, infatti, la dimensione dalla quale il gruppo trae ispirazione.





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